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Chiesa di San Giovanni

La chiesa di San Giovanni, nota anche con il nome di Confraternita dei Disciplinanti, è un edificio a pianta rettangolare, costruito in pietra sbozzata e mattoni, intonacati.
La facciata, in stile neoclassico, presenta una finta trabeazione con timpano e frontone.
Il tetto si compone di una orditura in legno con manto di copertura in coppi.
Il campanile in mattoni lasciati a vista, posizionato sul lato sinistro, è stato aggiunto in epoca successiva e precisamente intorno al 1885, come riporta la relazione estesa da Don Giuseppe Valobra.
In essa il Parroco scrive infatti che quell’anno si sarebbe provveduto alla costruzione del campanile, dove sarebbe stata riposta “l’antica e vecchia piccola campana”.
Era, inoltre, intenzione erigere la sacrestia, qualora se ne avessero avuti i mezzi, ma i lavori non furono mai eseguiti.
Nel 1885 comunque, si concluse la grande opera di ristrutturazione della cappella che fu restaurata completamente in quanto “inservibile per la straordinaria umidità”.
Della costruzione originaria rimangono soltanto le mura maestre, mentre il pavimento fu rialzato di un metro e lo spazio fu ricavato dalle due stanze soprastanti che furono demolite; la pavimentazione fu ricostruita a quadrelle.
Furono aggiunte inferriate nuove alle tre finestre per permettere una maggiore ventilazione e illuminazione.
Oltre il tetto a tegole si costruì la volta a botte unghiata e una cupola ellittica che furono successivamente affrescate.
L’artista incaricato di dipingere questa parte della chiesa fu, probabilmente, Bartolomeo Giorgis, un pittore che operava intorno alla fine dell’’800 inizio ‘900.
Il dipinto rappresenta la Trinità.
Nell’altare, anch’esso rifatto nuovo, fu sistemata la pietra consacrata ben conservata, un crocifisso e una ancona realizzata dal Toscano (come risulta scritto).
Il pittore rappresentò i due patroni, San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista, in atto di prestare ossequio a Maria Santissima.
Nell’abside s’intravedono gli affreschi della chiesa originaria attribuiti al “Maestro di Cigliè”, già autore dei dipinti di San Dalmazzo.
Nella lunetta è rappresentata la Crocifissione con la Madonna e probabilmente San Giovanni; sotto San Pietro è ancora visibile mentre gli altri due personaggi, la Vergine e forse un altro Santo, sono molto rovinati.
A lato, separato da una colonna, un momento della Passione: Giuda, riconoscibile per i capelli neri e per l’abito verde e giallo, patteggia il tradimento.
La cappella, come riferisce Don Valovra nella sua relazione, era provvista di un tabernacolo in legno ornato, di due grossi banchi che servivano per i priori, i sottopriori e i cantori e di un guardaroba dove si tenevano gli arredi per la Messa.
In essa si radunavano i pochi Confratelli per la Messa, e i Confratelli e le Consorelle Umiliate, per indossare l’abito in occasione delle processioni e delle sepolture.
La Confraternita, forse fondata il 15 maggio 1603 sotto il Pontefice Clemente VIII, non possedeva uno statuto, ma solo un regolamento steso e approvato nel 1855.
Nella seconda metà dell’’800 aveva esclusivamente scopo di culto, tuttavia, si pensa che in origine si occupasse anche di assistenza morale (assistere gli infermi, ricomporre liti ecc.).
Il suo patrimonio era costituito soltanto dalle elemosine raccolte nei giorni in cui si celebravano la Messa e le sepolture.

Visite guidate alle Cappelle per prenotazioni: 338/1172868 – Sindaco - Sciolla Giovanni